Nei primi anni Quaranta Treviso era una provincia a spiccata vocazione agricola: più del 60% della popolazione attiva era impegnata in questo settore.

Il trevigiano era stato una delle aree maggiormente coinvolte nel flusso migratorio di manodopera verso la Germania avviato dal 1938, in seguito agli accordi economici fra i due regimi. Certamente avevano avuto un ruolo sia la prossimità geografica col mondo di lingua tedesca, sia la contestuale tradizione di migrazioni transfrontaliere. Una porzione significativa di questi lavoratori rimase nel Reich anche dopo l’8 settembre, mentre altri accettarono di ritornarvi perché privi di un impiego stabile; essi si trovarono a fronteggiare delle condizioni quotidiane fortemente deterioriate rispetto a quelle, spesso già difficili, sperimentate negli anni precedenti all’occupazione tedesca.

A partire dall’autunno 1943, anche a Treviso le operazioni di reclutamento “volontario”, la mobilitazione delle classi di leva e le precettazioni ebbero un esito inferiore alle aspettative: in proporzione agli abitanti, quest’area provinciale fu caratterizzata da numeri molto modesti, meno di 500 persone nel periodo fra ottobre 1943 e maggio 1944. Furono invece maggiormente coinvolte le province venete dotate di grandi centri urbani, in cui più forte era la disoccupazione operaia e più difficili erano le possibilità di sussistenza rispetto alle zone rurali. In ogni caso i reclutatori tedeschi e italiani inviarono oltre frontiera un significativo contingente di donne, in massima parte lavoratrici agricole. Inoltre, rilevanti furono le operazioni di reclutamento per l’impiego in loco, da parte dell’organizzazione Todt e dei Battaglioni del lavoro della RSI. In provincia fu attivo un Sammellager, ovvero un centro di raccolta per la manodopera reclutata nella regione, che fu tuttavia distrutto in un bombardamento probabilmente a fine marzo.

Anche nel trevigiano l’estate segnò un’intensificazione dei reclutamenti: è difficile proporre una stima, ma certamente nei mesi estivi si registrò un picco degli arruolati, mentre le attività proseguirono fino al mese di ottobre. In questa fase le autorità militari tedesche puntarono ad affiancare diverse strategie per il reperimento della manodopera: agli ingaggi “volontari” ed alle diverse forme di precettazione si aggiunsero i risultati dei rastrellamenti antipartigiani (fra i quali l’episodio principale fu la grande operazione sul Monte Grappa), nonché un significativo numero di arresti in seguito ad operazioni repressive su piccola scala ma diffuse sul territorio.

Anche in questa area provinciale fu determinante la collaborazione di uffici e unità della Repubblica sociale: se una parte delle amministrazioni locali svolse un ruolo, ad esempio nella raccolta di liste per le precettazioni, la Brigata nera Cavallin partecipò attivamente alla repressione antipartigiana e alla cattura di civili.

Nel dopoguerra si aprirono non solo questioni relative all’assistenza alle famiglie ed al difficile rientro dei lavoratori, ma alcuni ripresero la via dell’emigrazione oltre il Brennero.

PAROLE DI STORIA

Il ruolo nella provincia di Treviso dell’emigrazione nel Reich dal 1938 al 1943.

Le caratteristiche dei lavoratori trevigiani reclutati per il Reich.

di Francesca Cavarocchi

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FOTO ARCHIVIO STORICO TREVIGIANO – FAST