Fin dal novembre del 1943, a Padova comparvero ripetutamente sui quotidiani locali avvisi per l’arruolamento volontario di lavoratori italiani per il Reich e sui muri furono affissi manifesti dai colori vistosi che riportavano i grandi vantaggi offerti a chi avesse accettato di andare a lavorare in Germania: alte paghe, ottimo trattamento, corresponsione di parte della retribuzione alle famiglie in Italia, premio d’ingaggio pagato all’atto del passaggio della frontiera; indennità di equipaggiamento, assegni familiari raddoppiati, premio di fine rapporto, assicurazione sulla vita.
Il compito di reclutare lavoratori volontari per il Reich fu affidato al “Gruppo per l’impiego della manodopera”, ufficio posto a Padova in via San Francesco 19, inserito nella Militärkommandantur 1004, mentre in via Luigi Razza (ora via del Carmine) fu aperto un “Ufficio per il reclutamento dei lavoratori per la Germania”.
Il 1° febbraio 1944 furono emanate le “Norme per il servizio obbligatorio del lavoro” per tutti i cittadini di sesso maschile compresi tra le classi di leva del 1926 e 1899, dei quali le apposite commissioni comunali dovevano compilare le liste [ASPD, Prefettura Gabinetto, cat. V, Corporazioni e Associazioni sindacali 1943-1945, b. 565].
Veniva posto l’accento sulla spontanea partenza per la Germania, ma il grande numero di lavoratori richiesto per località, definito ora “assurdo” ora “impossibile”, difficilmente poteva essere raggiunto su base volontaria [2 – ASPD, Prefettura Gabinetto, Cat. XXII, Affari vari 1943-1945, b. 601, fasc. 33].
La pressione alla quale erano sottoposte le autorità comunali avrebbe richiesto minacce più o meno velate, persuasioni più o meno pesanti al punto che in taluni comuni padovani i membri delle commissioni comunali mancavano alle riunioni, in alcuni casi omettevano di inviare le cartoline precetto. [3 – ASPD, Prefettura Gabinetto, Cat. XXII, Affari vari 1943-1945, b. 601, fasc. 33].
Di pari passo veniva segnalata una diffusa propaganda contro l’obbligo del lavoro in Germania, per mezzo della diffusione di numerosi volantini, giornali clandestini e affissioni murali che invitavano i lavoratori a non presentarsi, a rifiutare la cartolina precetto al momento della consegna [4-8 – ACS, MI, Dgps, Dagr, Rsi 1943-1945, b. 14, fasc. 34/1 – Padova 1944; 9 – ACS, MI, Dgps, Dagr, Rsi 1943-1945, b. 14, fasc. 34/2 – Padova 1944].
A Casalserugo, però, sconosciuti lanciarono bombe, che non esplosero, contro la casa del commissario del fascio per protestare contro la precettazione.
Vista la scarsissima affluenza di lavoratori il ministero dell’Interno della RSI pensò di utilizzare coattivamente i detenuti delle carceri, ma a Padova una prima selezione si concluse con la partenza di appena 14 uomini [10 – ACS, MI, Dgps, Dagr, Rsi 1943-1945, b. 14, fasc. 34/3 – Padova 1944].
Verso la fine di marzo, la Gnr – Gruppo carabinieri di Padova inoltrò due elenchi di “elementi indesiderabili”, ovvero di persone disoccupate e ritenute oziose e vagabonde, suddivise comune per comune, per un totale di 267 nominativi. [11 – ASPD, Prefettura Gabinetto, cat. V, Corporazioni e Associazioni sindacali 1943-1945, b. 565]
L’operazione era stata eseguita su ordine dell’Ufficio unico di collocamento, un ufficio misto italo-tedesco, nato proprio in quei giorni e che avrebbe dovuto assicurare in modo sistematico il raggiungimento degli obiettivi.
Ma gli impiegati italiani dimostrarono scarsa propensione alla collaborazione, in parte perché non volevano assumersi la responsabilità di una misura impopolare quale l’invio coatto di lavoratori in Germania, in parte perché probabilmente legati alla Resistenza [12 – ASPD, Prefettura Gabinetto, cat. V, Corporazioni e Associazioni sindacali 1943-1945, b. 565].
Il 14 maggio 1944 si segnalava l’insoddisfazione nei confronti degli uffici italiani: mentre la polizia del lavoro era attivamente impegnata, anche se a ranghi ristretti, il direttore dell’ufficio di collocamento di Padova era stato rimosso per «sabotaggio» delle direttive tedesche ed i medici incaricati di verificare le condizioni dei civili reclutati tendevano a certificarne l’inabilità per il Reich.
I tedeschi accusavano i podestà e commissari prefettizi dei comuni di compilare intenzionalmente lunghissime liste di lavoratori da reclutare per il Reich, liste che alla verifica risultavano composte per la quasi totalità da prigionieri di guerra internati in Germania, invalidi, lavoratori con carichi di famiglia o dipendenti dalle industrie protette.
Di fronte alla scarsa adesione della popolazione alla partenza in Germania iniziarono i rastrellamenti del territorio ad Este, Montagnana, Monselice provocando l’abbandono immediato del lavoro da parte degli operai della zona, alcuni dei quali preferirono entrare in clandestinità.
I giornali locali davano comunque quasi quotidianamente notizia, ad evidente scopo intimidatorio, di arresti di renitenti al precetto del lavoro.
Un documento redatto dall’Ufficio provinciale di collocamento di Padova l’11 aprile 1945, sottolineava come da Padova i lavoratori trasferitisi in Germania prima dell’8 settembre 1943 fossero stati 29.054, dopo tale data 1.590, anche se il direttore provinciale doveva ammettere che non tutti erano liberi lavoratori [13 – ASPD, Prefettura Gabinetto, Cat. XXII, Affari vari 1943-1945, b. 601, fasc. 33; 14 e 15 – ASPD, Prefettura Gabinetto, cat. V, Corporazioni e Associazioni sindacali 1943-1945, b. 565].
PAROLE DI STORIA
I criteri che guidarono le autorità locali nella compilazione delle liste degli individui da precettare per il lavoro in Germania.
Ostilità o boicottaggio delle autorità della Rsi nei confronti della precettazione germanica della forza lavoro.
Le cifre dei lavoratori obbligati a trasferirsi da Padova nel Reich.
di Sonia Residori