Militarizzazione del lavoro e coscrizione obbligatoria tra regime monarchico fascista e RSI

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Il 30 marzo 1943 era stato emanato il RDL 123 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale nr. 73 del 30/3/43), con il quale “i dipendenti dalle Amministrazioni dello Stato e qualsiasi cittadino, che, non essendo in servizio alle armi, vengono assegnati, in base ai documenti di mobilitazione, a comandi, reparti o servizi delle forze armate terrestri, marittime ed aeree mobilitati dai rispettivi stati maggiori, per operazioni di guerra, assumono di diritto la qualità di militarizzati”.
La militarizzazione comportava l’assoggettamento alla legge penale militare, ovvero alle norme di disciplina militare in vigore per la forza armata nella quale si trovava il militarizzato, a fronte di un trattamento economico irrisorio.
Molti giovani della leva del 1925 furono militarizzati: all’arrivo della cartolina rosa, anziché prendere servizio presso la caserma di assegnazione, i giovani venivano utilizzati come manodopera a basso costo per costruire fortificazioni, bunker antisbarco in località estere (es. Grecia, Francia meridionale) e, talvolta, “prestati” agli alleati tedeschi per gli stessi motivi.
Consumatasi la crisi del regime monarchicofascista nell’estate dello stesso anno, il 23 settembre 1943 Mussolini proclamava la RSI, con capitale Salò, richiamando poi con successivi bandi alle armi le classi 1923, 1924 e 1925.
Il 9 novembre successivo il maresciallo Rodolfo Graziani, incaricato di riorganizzare le forze armate salodiane, chiamava alla leva tutta la classe 1925 e gli “sbandati” delle classi 1923 e 1924 (il 4° scaglione della classe 1924 era stato chiamato con l’ultimo bando di leva delle Regie Forze Armate, emesso nei primi giorni di agosto con scadenza il 31 agosto).
I giovani dovevano presentarsi ai distretti militari o dal podestà/commissario prefettizio del Comune dove risiedevano entro il 27 novembre; il termine fu poi prorogato al 18 dicembre.
Dopo pochi mesi, i provvedimenti contro i renitenti venivano esplicitati ed aggravati: pena di morte per renitenti e disertori (introdotta nel febbraio 1944) e, più tardi, punizioni esemplari ai famigliari (agli inizi del 1945 venne introdotta la cd. “responsabilità parentale”, ovvero i congiunti del militare assente o disertore venivano puniti “in sua vece”).